(Incontro del 14.01.2010)
I rapporti di cui parlo si riferiscono a una competenza relazionale, ossia a un saperci-fare-con-l’Altro, che è il terreno privilegiato ai fini della soddisfazione.
Si tratta dell’incontro di due soggetti, che occupano posti relazionali prima che ruoli lavorativi, e che si regolano in base a una norma di beneficio da loro stessi composta, non precostituita. Tale norma si estrinseca in forme “giuridiche” come la domanda, la risposta, la sanzione, e che in un ambito istituzionale si intersecano con regole stabilite dal ruolo, alle quali conferiscono un’altra connotazione. Quando ad esempio un operatore chiede all’ospite, che sta imboccando: “Posso darle da mangiare?” si realizza un atto giuridico perché questa domanda comporta un’obbligazione da parte di chi la riceve, il quale verrà indotto a sanzionare positivamente l’operatore, anche attraverso un semplice “grazie”.
Tutti gli incontri, come intrattenimenti o attività varie, possono essere occasione per realizzare un vero rapporto che, in quanto tale, funziona anche al di fuori degli incontri stessi. Solitamente si ritiene che per socializzare sia sufficiente mettersi insieme, ma non è così automatico perché ai fini di una vera relazione serve un lavoro, con le caratteristiche di cui sopra, e che necessita tempo. Anche l’espressione “ama l’anziano”, uno slogan assai diffuso nelle case di riposo, non implica un vero rapporto, perché è una posizione di principio, un atteggiamento spesso imposto, mentre “onora l’anziano” significa rispetto per una persona che ha un lungo trascorso alle spalle, e ciò può costituire una condizione già importante per stabilire un rapporto.
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